
L’ESTETICA DELLA FRAGILITÀ: AMY USDIN
| di Barbara Pavan |
Con una laurea in Graphic Communications presso la Washington University di St. Louis, Amy Usdin ha lavorato per anni come art director prima di avviare la propria pratica artistica in studio nel 2018. Ha esposto ampiamente, partecipando a prestigiose collettive che rappresentano la diversità e la ricchezza dell’arte contemporanea e della fiber art. Concluderà il 2025 con una mostra personale al Minneapolis Institute of Art (MN). Ha ricevuto riconoscimenti importanti, tra cui la pubblicazione nella selezione Excellence in Fibers di Fiber Art Now, numerosi premi dalla Surface Design Association, e diverse sovvenzioni dal Minnesota State Arts Board e dal Metropolitan Regional Arts Council. Usdin è vincitrice del Stone and DeGuire Contemporary Art Award 2024 della Washington University, della MCAD-Jerome Fellowship 2024/2025, e della Jerome Hill Artist Fellowship per il triennio 2025–2028.
Amy Usdin tesse paesaggi fisici e psicologici su reti da pesca e reti antimosche per cavalli usurate.
Man mano che le imperfezioni del tempo si fondono con i nuovi fili, la trasformazione diventa parte di una narrazione in continuo sviluppo, informata da momenti familiari e associazioni inaspettate che le reti evocano. La loro natura consunta suscita una risposta empatica: gli oggetti ricostruiti agiscono come metafore per temi che connettono passato e presente, e ogni individuo agli altri.

2020
animal and plant fibers on vintage horse fly nets 56 x 42 x 5.5 inches
Per Usdin, queste reti non sono semplici materiali: sono cariche di significato simbolico. Ha iniziato a lavorare con reti antimosche per cavalli durante il periodo in cui si prendeva cura dei genitori anziani, la cui salute in declino l’ha portata a riflettere sulla fragilità della vita. Il parallelismo tra l’attenzione verso oggetti logori, ormai privi di utilità, e la cura per le persone amate nel tratto finale della loro esistenza ha costituito una base potente per il suo lavoro.
Il gesto del recupero di queste reti è personale e profondo. Tessendo all’interno dei confini fissati di questi oggetti fragili e segnati dal tempo, Usdin ha trovato un modo per riconciliare i molti strati della propria storia. I cavalli, esseri sociali, sono capaci di emozioni simili a quelle umane – dalla gioia all’ansia, dalla libertà alla paura – e le loro reti possono trasmettere queste sensazioni, come abiti intimi tramandati nel tempo. Inoltre, questi oggetti fanno emergere storie che diventano fisicamente incarnate nei nodi e negli intrecci delle sue opere. Rielaborando queste reti obsolete attraverso una lente personale – fatta di obbedienza, cancellazione, rinascita, maternità, assistenza agli anziani e invecchiamento – l’artista riflette sul proprio mutare di rilevanza nel mondo.

Quando Usdin ha iniziato la sua pratica artistica, immersa nelle dinamiche della cura genitoriale, faticava a guardare oltre il proprio orizzonte personale. L’isolamento forzato della prima fase pandemica ha segnato un punto di svolta nella sua visione: lo sguardo si è aperto verso l’esterno. Dal lutto personale è passata a una forma più universale di dolore collettivo, e le sue sculture in reti antimosche hanno iniziato a riflettere frustrazione, solitudine e separazione. L’isolamento le ha permesso di esplorare la doppiezza delle reti, come confine sfumato tra protezione e intrappolamento, e i diversi modi in cui percepiamo la sicurezza.
È in questo periodo che ha cominciato a utilizzare anche reti da pesca. Simili a quelle costruite e riparate fin dagli albori dell’umanità, queste reti offrono un punto di connessione universale, qualcosa a cui aggrapparsi nel silenzio immobile del lockdown e nel rapporto complesso con il tempo sospeso. Le reti continuano a essere una base empatica attraverso cui elaborare biografie contemporanee.

2021
wool on vintage rope and canvas horse fly net 54 x 17 x 6 inches
Le sculture di Usdin sono intrinsecamente tattili e invitano lo spettatore a confrontarsi con texture e forme. Sebbene molte delle sue opere abbiano radici profondamente autobiografiche, l’artista sottolinea che la loro portata va oltre la propria esperienza individuale. Con forme vagamente antropomorfe, il suo lavoro riflette vulnerabilità e complessità umane, attraverso cui lo spettatore è invitato a creare connessioni personali. Le dà soddisfazione quando il pubblico riconosce le sue intenzioni, ma è altrettanto felice quando emergono letture nuove e inaspettate dai fili e dai nodi delle sue opere.
Il processo creativo è intuitivo e guidato dai materiali stessi. Ogni pezzo nasce da un ricordo o da un’associazione specifica, ma la struttura delle reti ne determina inevitabilmente la forma finale. Si tratta di un processo fluido, un continuo dialogo tra visione iniziale e vincoli imprevedibili della materia. Le corde invecchiate sono spesso fragili, irregolari, difficili da manipolare. Poiché le reti possiedono una struttura predefinita, ogni sezione completata modifica le possibilità successive, restringendo gradualmente le opzioni man mano che l’opera prende forma. Questo genera onde di incertezza e richiede un costante adattamento. Questo equilibrio dinamico tra intenzione e reazione conferisce a ogni scultura una forma e un carattere unici.

Wool, linen, wax

wool, linen, wax
L’atto del tessere è profondamente meditativo e offre all’artista uno spazio per rallentare e riflettere. Tecniche tessili come il cucito, il rammendo e il needle-weaving sono intrinsecamente lente e ripetitive, creando un ritmo che favorisce la consapevolezza. Per Usdin, questo processo non è solo creativo, ma anche terapeutico. “Il lento procedere del ricamo lascia spazio a flussi epici di coscienza — o a non pensare a nulla”, spiega. I gesti ripetuti del suo lavoro le offrono conforto nei momenti difficili.
Il suo percorso artistico ha inizio negli anni ’70, quando da adolescente fu ispirata dal movimento della fiber art e dai suoi pionieri, oggi diventati figure iconiche. Le sue prime esplorazioni con i tessuti hanno posto le basi per il lavoro attuale, ma ha inizialmente intrapreso una carriera nella direzione artistica commerciale, accantonando la passione per il tessile per diversi decenni. Tutto è cambiato radicalmente dopo aver visitato la retrospettiva di Sheila Hicks al Centre Pompidou, circa quarant’anni dopo: un’esperienza trasformativa che ha riacceso il suo amore per la fiber art e confermato il desiderio di ritornare a quel linguaggio.

animal and plant fibers on vintage horse fly nets 72 X 28 X 15 inches
La sua ricerca è in continua evoluzione. Nell’ultimo anno ha esplorato modalità alternative di costruzione, creando opere che dialogano con le sue sculture in rete, arricchendo il lavoro di nuove stratificazioni tematiche. Recentemente ha realizzato una serie di oggetti a “ordito tirato” come estensione dell’installazione Picnic at Dead Horse Bay. Dead Horse Bay, a Brooklyn (NY), è il sito di una discarica mal sigillata risalente alla metà del Novecento, che continua a restituire alla spiaggia frammenti di quartieri smantellati per esproprio. Le forme tessute a telaio riecheggiano le silhouette presenti nei pannelli dell’installazione, dando corpo a frammenti di vite interrotte. Insieme, raccontano una storia di ritorni e resurrezioni storiche: il passato riaffiora spesso, e non senza conseguenze.

animal and plant fibers on vintage fishing nets 94 x 72 x 78 inches, variable

animal and plant fibers on vintage fishing nets 94 x 72 x 78 inches, variable
Photo credit: Amy Lamb, NativeHouse Photography
Se inizialmente distingueva tra paesaggi fisici e paesaggi psicologici, oggi Usdin riflette su come i “corpi” della terra e quelli della carne si intreccino, e si interroga se i traumi che li attraversano siano inevitabili o indotti. Questa leggera ma significativa svolta è stata influenzata da una residenza in Islanda nel 2023, che continua a orientare la sua pratica.
Due anni dopo la morte della madre, l’artista si confrontava ancora con il dolore per quella fine straziante, che percepiva come un fallimento personale, aggravato dalla crisi dei sistemi sanitari e sociali durante la pandemia. Ha trovato, inaspettatamente, un senso di risanamento camminando tra i campi di lava islandesi, dove ha intuito che le cicatrici del paesaggio riflettono quelle umane. Da questa esperienza è nata la scultura Mother/Earth, che assume forma antropomorfa nel paesaggio indurito.
Attualmente sta lavorando a pannelli per una scultura di grande formato, ispirata ai tappeti di muschio che si staccano dalle scogliere islandesi, gravati dal peso dell’acqua e della gravità.
Per Usdin, tessere è un modo per registrare esteticamente le cicatrici — non solo quelle legate alla fine dignitosa che ha cercato di accompagnare nei suoi genitori, ma anche traumi ed esperienze del passato che si sono chiariti solo attraverso il gesto del ricamo.

2025
animal fibers on vintage fishing nets 63 x 36 x 6 inches

plant and animal fibers on vintage fishing net 9 x 78 x 78 inches

